È dal 2010 che il termine Growth Hacking è stato coniato da Sean Ellis, che ne parla in un post dedicato al marketing per le startup. Secondo Ellis, le startup, più che assumere un direttore marketing, dovrebbero ricercare un growth hacker: una figura il cui vero nord è la crescita. Focalizzato sulla rapida crescita della startup, il growth hacker usa tecniche innovative, snelle, prese in prestito dal mondo dell’informatica e che vengono adattate al mercato in cui opera.
Cos’è il growth hacking?
Non avendo i budget delle aziende già affermate, non avendo il background né le conoscenze del proprio target e del mercato maturate con l’esperienza, le startup non possono permettersi di usare le tradizionali tecniche di marketing. Non ne hanno il tempo né i fondi. La rapidità e la velocità di risposta nel creare una nuova azienda è tutto. Per questo si è iniziato a parlare di marketing per startup e di metodologie lean (cioè snelle). In queste metodologie rientra anche il growth haking, che è un approccio creativo che ha come obiettivo la crescita.
L’esigenza di essere creativi, rapidi, concentrati sull’obiettivo e il basso budget a disposizione fanno sì che le tecniche di growth hacking si sovrappongano a quelle del web marketing. Non a caso su Wikipedia il growth hacking viene definito come “parte dell’ecosistema del marketing online, siccome in molti casi i growth hacker sono semplicemente bravi a usare tecniche come la SEO, strumenti di analytics, il content marketing e l’A/B testing. I growth hacker si concentrano su alternative a basso costo e innovative al marketing tradizionale, utilizzando ad esempio i social media e il viral marketing, invece di acquistare pubblicità attraverso i media tradizionali quali radio, giornali e televisione”.
Eppure il growth hacker non si limita solo a conoscere bene i nuovi strumenti digitali, ma è una figura che deve essere in grado di operare scelte anche in campi diversi dal marketing e dalla comunicazione, intervenendo, ad esempio, sulla produzione o sulle risorse umane, se necessario alla crescita.
Perché il growth hacker serve anche nelle grandi aziende
Questa è la forza del growth hacking: scardinare le vecchie strategie per concentrarsi sulla crescita rapida e low budget di utenti. Sono obiettivi che si pongono solo le startup? A ben vedere, reduci dalla crisi, tutte le aziende hanno dovuto effettuare dei cambiamenti, tagliare dei costi, snellire i loro processi per rispondere in tempi brevi alle evoluzioni del mercato. È bene allora che anche le realtà più solide inizino a ragionare come fanno le startup, favorendo la crescita come obiettivo principale; affidandosi alle nuove tecnologie e ai nuovi strumenti digitali o usando con creatività quelli tradizionali; allineando tutte le divisioni su un obiettivo comune.
Per questo il growth hacking, più che come marketing per startup, può essere inteso come rivoluzione del marketing. E i growth hacker come figure da ricercare (o da sviluppare) all’interno dell’azienda.