L’italia è un morto che cammina

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L’Italia è un morto che cammina!
E’ lenta, troppo lenta! Si sta facendo travolgere da un’onda tecnologica e nei prossimi 10 anni molte aziende non esisteranno più. Lo so, la metafora è forte, e può pure suonare fastidiosa e presuntuosa, ma è così. Perché il nostro Paese sta perdendo l’anima e procede per inerzia, quasi senza volontà. E non sono mica io a dirlo, ma i numeri, che a fine anno arrivano come pugni allo stomaco.
Quasi tutte le fonti dicono che la recessione finirà nel primo trimestre dell’anno prossimo e la crescita sarà calcolabile nello zero virgola o poco più, quindi nella particella di sodio dell’acqua!
Ma ci rendiamo conto? Il problema vero è che nessuno, qui, vuole ammettere che vanno cambiati i paradigmi. Che la crisi non c’è più. Siamo oltre. Siamo in una fase nuova, strutturata, che richiede strumenti altrettanto nuovi.
La crisi è una fase di passaggio, la nostra è conclamata dal 2009, direi che il ‘passaggio’ è finito. Siamo semmai di fronte a una ‘rivoluzione’, che dovrebbe essere pacifica. Bisogna essere concreti. I livelli di produzione non torneranno più quelli del 2007 perché il mercato è saturo. Ecco perché mancano le commesse. Ecco perché chi fa impresa deve puntare alla digitalizzazione, fin qui compiuta solo dal 3% delle aziende. I giovani che entrano nel mercato del lavoro, essendo nativi digitali, si aspettano di trovare sistemi di comunicazione e condivisione delle informazioni all’avanguardia. E spesso rimangono spiazzati perché non ci sono!
L’ho detto tante volte: non si può sfuggire alla necessità di informatizzare i processi di produzione, di archiviazione, di utilizzo del web e del web marketing. Big Data, Mobile Working, Social Media, Clud Computing stanno cambiando il modo di lavorare. Le parole chiave sono condivisione, collaborazione, conoscenza dell’azienda.
Tropo difficile? Forse, ma non c’è alternativa. E non è che io non mi intristisco quando sento storie di imprenditori di 60 anni che devono mollare e che magari non hanno figli in grado di raccogliere l’eredità. Perché anche quello del passaggio generazionale è un bel problema e la maggior parte delle aziende non riesce ad attuarlo. A cambiare deve essere la stessa organizzazione del lavoro, con o senza Jobs Act. Perché anche qui, vanno bene le agevolazioni ad assumere ma se il lavoro non c’è mica si assume.
Sulla capacità interna di innovarsi si gioca tutto. Nei prossimi 10 anni sarà terminata la selezione naturale oggi in corso, giocata sull’investimento per fare fatturato abbattendo i costi, producendo sulla base dei nuovi bisogni, valorizzando le competenze, facendo aggiornamento continuo, stringendo relazioni internazionali. E questo vale per chi guarda all’export, che non è la panacea di tutti i mali, e per chi, magari sul fronte servizi, continuerà a guardare al mercato interno.
Quindi, se il morto cammina, il respiro in qualche modo ancora c’è. Però bisogna che riprenda a pieni polmoni, con l’ossigeno che circola ovunque, con idee, volontà e consapevolezza che indietro non torniamo e serve correre, non camminare.

Massimo Boraso